Il trattamento del paziente anziano con scompenso cardiaco a bassa frazione di eiezione: progressi e incertezze

Valentina Fagotto - Università degli Studi di Udine, Specializzanda in Geriatria

10 Ottobre 2019

I principali messaggi della review di Crisan et al (1) possono essere così sintetizzati:

  • I progressi nel campo della medicina offrono oggi nuove possibilità di monitoraggio e trattamento dei pazienti affetti da scompenso cardiaco, ma ciò si traduce sempre in un vantaggio in termini di qualità di vita? Tale aspetto non è stato sufficientemente indagato.
  • Il trattamento della popolazione anziana affetta da scompenso cardiaco con frazione di eiezione (FE) ridotta appare particolarmente complesso sia perché tale popolazione è ben poco rappresentata nei grossi trial sia per il maggior carico di morbilità. Inoltre nei pazienti anziani l’outcome viene valutato con una diversa angolatura (Quality of Life versus survival).
  • Le problematiche che impattano maggiormente sulla gestione e sulla sopravvivenza dei pazienti più anziani riguardano la difficoltà nella diagnosi, le comorbilità, la politerapia e la frequenti difficoltà nell’effettuare regolari controlli.
  • Il monitoraggio domiciliare e ambulatoriale di parametri quali peso, temperatura corporea, pressione arteriosa e frequenza cardiaca, oltre che della dispnea, induce in questi pazienti un miglioramento dell’outcome.
  • L’impiego dei diuretici dell’ansa nei pazienti geriatrici sintomatici per scompenso cardiaco rappresenta la terapia di prima scelta, ma deve essere evitata la somministrazione intermittente di tali farmaci, che può indurre resistenza al trattamento.
  • I betabloccanti e gli ACE-inibitori (o i sartani) devono essere sempre utilizzati, qualora la pressione arteriosa lo consenta, nei pazienti con scompenso cardiaco a bassa FE, anche se molto anziani, con particolare attenzione alla titration dei dosaggi.
  • In assenza di rilevante insufficienza renale, di iperpotassiemia e/o di iponatremia deve essere somministrato anche un inibitore dell’aldosterone, qualora la FE sia ≤40%, che induce una riduzione della mortalità improvvisa.
  • Qualora la frequenza sinusale sia elevata devono essere indagate anche cause extracardiache; se non emergono è indicata la somministrazione di ivabradina, facendo tuttavia attenzione ad una riduzione non eccessiva (di massima appare adeguata una FC sui 70 batt/min).
  • La recente associazione inibitore della neprilesina-valsartan rappresenta un progresso nella terapia dello scompenso cardiaco a bassa FE in quanto migliora l’endpoint composito mortalità/ricoveri ospedalieri; trova indicazione nei pazienti refrattari ai farmaci sopracitati. Va tuttavia segnalato che al momento disponiamo di pochissimi dati sugli effetti di tale associazione nei pazienti molto anziani.
  • L’impiego di nitrati e digossina nei pazienti anziani con scompenso cardiaco suscita molte perplessità in quanto i primi possono indurre un’ ipotensione sintomatica, aumentando il rischio di cadute in una popolazione già a rischio di tale evento mentre la seconda sembra indurre, nella gran parte degli studi, un aumento della mortalità. Il suo impiego dovrebbe essere limitato a pazienti con scompenso cardiaco e fibrillazione atriale a elevata FC.
  • Nuove terapie che consentono la sostituzione delle miofibrille compromesse o l’impiego di cellule staminali appaiono promettenti, ma non hanno ancora superato la fase sperimentale.
  • Una particolare attenzione andrebbe riservata al paziente nel suo complesso, anche per quanto riguarda le indagini di laboratorio, con focus sul bilancio proteico, l’idratazione e soprattutto la somministrazione marziale, in quanto la ferro-deficienza si associa nella popolazione anziana a una diminuzione della qualità di vita.

Conclusioni

  • Gli anziani sono più colpiti, rispetto ad altre fasce d’età, dallo scompenso cardiaco che rappresenta lo stadio finale di quello che può essere definito un continuum di patologie cardiache ed extracardiache, piuttosto che un evento brutale in rapporto ad una ben definita patologia.
  • Sono stati fatti progressi nella terapia farmacologica dello scompenso cardiaco a bassa FE e l’outcome è decisamente migliorato; tuttavia i risultati ottenuti sono difficilmente traducibili ai pazienti molto anziani, in gran parte esclusi dai grossi trial. É emerso tuttavia che una costante attenzione al paziente geriatrico con scompenso cardiaco (non soltanto alla sua patologia cardiovascolare) nel corso di visite sia ambulatoriali che domiciliari, con focus su parametri facilmente rilevabili, ha un impatto favorevole in termini di sopravvivenza, di qualità di vita e di un migliore utilizzo delle risorse.

Bibliografia

1) Crisan S et al. Reduced ejection fraction heart failure – new data from multicenter studies and national registries regarding general and elderly populations: hopes and disappointments. Clinical Interventions in Aging 2018;13:651–6