Utilità della misurazione combinata della pressione arteriosa sistolica e della frequenza cardiaca per identificare il rischio di mortalità ad un anno in pazienti anziani durante il primo ricovero per scompenso cardiaco

Eleonora Pittui - Scuola di specializzazione in Geriatria - Università degli Studi di Sassari

22 Maggio 2019

L’impatto dello scompenso cardiaco (SC) sul sistema sanitario è ben noto e documentato. Stime recenti suggeriscono che circa 26 milioni di persone nel mondo siano affette da SC. Nei Paesi occidentali tale affezione interessa l’1-2% della popolazione adulta con un’incidenza di circa 80.000 nuovi casi per anno; si tratta di una condizione cronica la cui incidenza è strettamente legata all’età (1). È comprensibile, pertanto, come diventi sempre più importante identificare fattori prognostici che possano guidarci nella pratica clinica quotidiana. È questo l’obiettivo di fondo dello studio di Moreno-Gonzales et al (2), appena pubblicato online sulla rivista Aging Clinical and Experimental Research.

In studi precedenti era stato dimostrato un impatto prognostico negativo sia di una bassa pressione arteriosa (PA) sistolica che di una elevata frequenza cardiaca (FC) quando misurate al momento del ricovero per SC (3,4). Nel presente studio tali parametri sono stati valutati in associazione e l’endpoint primario era indagare se avevano un impatto sulla mortalità totale ad 1 anno quando prelevati in pazienti anziani (≥ 75 anni) al momento del primo ricovero per SC. Sono stati inclusi sia i pazienti in ritmo sinusale che quelli in fibrillazione atriale.

Lo studio ha un disegno retrospettivo e sono stati arruolati 901 pazienti ricoverati per il primo episodio di SC presso il Bellvitge University Hospital di Barcellona durante un periodo di 36 mesi (età media 83 anni, 60% donne). I principali criteri di esclusione dallo studio, oltre all’età < 75 anni, erano i seguenti: insufficienza renale al V stadio, precedenti trapianti di cuore, rene o fegato, dimissione entro 24ore, SC secondario a sindrome coronarica acuta. Tale corte di pazienti è stata poi suddivisa in tre gruppi in base a criteri predefiniti e validati in una popolazione di pazienti con SC spesso ricoverati più volte per tale affezione (3): “basso rischio” (PA sistolica ≥ 140 mmHg e FC < 70 batt/min), “rischio moderato” (PA sistolica < 140 mmHg e FC < 70 batt/min o PA sistolica ≥ 120 mmHg e FC ≥ 70 batt/min) e “alto rischio” (PA sistolica < 120 mmHg e FC ≥ 70 batt/min).

Relativamente alle caratteristiche cliniche, l’età, la distribuzione per sesso e la prevalenza della fibrillazione atriale non differivano significativamente fra i tre gruppi; nel gruppo “basso rischio” vi era una più alta prevalenza di ipertensione arteriosa ed in quello “alto rischio” una più bassa prevalenza di diabete. I pazienti ad “alto rischio” avevano ricoveri più prolungati, ma la differenza non raggiungeva la significatività statistica. 55 pazienti (6.1%) sono deceduti durante il ricovero; quelli appartenenti al gruppo “basso rischio” presentavano una mortalità significativamente più bassa (p < 0.0001). Alla dimissione, i beta-bloccanti e gli antialdosteronici erano maggiormente prescritti ai pazienti a “basso rischio” mentre non sono emerse differenze statisticamente significative fra i tre gruppi per gli ACE- inibitori ed i sartani. Per quanto riguarda la mortalità totale ad un anno, che rappresenta l’endpoint primario dello studio, degli 846 pazienti dimessi vivi, 284 (33,5%) sono deceduti entro 1 anno, con una variabilità dal 16% nel gruppo a “basso rischio” al 50% in quello “ad alto rischio”. Il modello di regressione di Cox ha confermato l’associazione fra la mortalità ed i valori della PA sistolica-FC.

Considerando come gruppo di riferimento quello a “basso rischio”, lo “hazard ratio” di mortalità per il gruppo a “rischio moderato” era 1.79 (1.03- 2.98, p = 0.03) e per quello ad “alto rischio” 3.17 (1.79-5589, p < 0.0001). I “cutoff” utilizzati per la PA sistolica e la FC appaiono validi sia per i pazienti in ritmo sinusale che per quelli in fibrillazione atriale. Tuttavia l’analisi delle curve ROC suggerisce una capacità predittiva solo modesta di tali parametri. Ad un’analisi più dettagliata dei valori della PA sistolica e della FC, in termini di rischio di mortalità ad un anno pesavano di più i valori della PA sistolica. All’analisi multivariata è emerso che anche un elevato numero di farmaci somministrati in cronico, bassi valori di PA diastolica all’ingresso ed elevati valori di kaliemia erano predittori indipendenti di mortalità.

Gli autori concludono che nei pazienti anziani (≥ 75 anni) ricoverati per il primo episodio di SC, sia in ritmo sinusale che in fibrillazione atriale, la valutazione combinata della PA sistolica e della FC all’ingresso in ospedale appare utile per stratificare il rischio di mortalità non solo durante il ricovero ma anche ad 1 anno. I pazienti con bassi valori della PA ed elevati valori della FC dovrebbero essere seguiti con particolare attenzione e con controlli più stretti durante il follow-up. Questi risultati suggeriscono che tali parametri dovrebbero essere riportati nella lettera di dimissione al fine di facilitare la gestione del paziente al di fuori dell’ospedale.

Va rilevato tuttavia che tale studio presenta limitazioni importanti; si tratta infatti di uno studio monocentrico con disegno retrospettivo. Mancano dati relativi ai parametri ecocardiografici e ai peptidi natriuretici e non è stato possibile identificare la causa di morte (per malattia cardiovascolare o altra causa). Sarebbe stato inoltre utile, ai fini della stratificazione del rischio ad 1 anno, confrontare e analizzare in modo prospettico i valori della PA sistolica e della FC sia all’ingresso che alla dimissione del paziente. Infine l’analisi delle curve di ROC suggerisce che, seppure significative, il modello ha una capacità predittiva modesta. Appare pertanto ovvio che occorre ancora molto lavoro per meglio definire la prognosi nel paziente con SC.

Bibliografia

1) Di Tano G, Di Lenarda A, Gabrielli D et al. Position paper ANMCO sull’utilizzo della terapia con sacubitril/valsartan nel paziente con scompenso cardiaco. G Ital Cardiol 2018;19:568- 90

2) Moreno- Gonzales R, Formiga F, Mora Lujan JM et al. Usefulness of systolic blood pressure combined with heart rate measured on admission to identify 1-year all-cause mortality risk in elderly patients firstly hospitalized due to acute heart failure. Aging Clin Exp Res 2019 doi.org/10.1007/s40520-019-01153-2

3) Sanchez-Gil J, Manzano L, Flather M et al. Combining heart rate and systolic blood pressure to improve risk stratification in older patients with heart failure: findings from the RICA Registry. Int J Cardiol 2017;230:625-9

4) Miura M, Sakata Y, Miyata S et al. Usefulness of combined risk stratification with heart rate and systolic blood pressure in the management of chronic heart failure. A report from the CHART-2 study. Circ J 2013;77:2954-62