Verso un trattamento più personalizzato della sincope senocarotidea

Paolo Alboni - Sezione di Cardiologia e "Syncope Unit" - Ospedale Privato Quisisana, Ferrara

19 Giugno 2018

La sincope senocarotidea (SSC) può essere diagnosticata quando la perdita transitoria della coscienza (PTC) viene riprodotta durante massaggio dei seni carotidei (MSC) col “metodo dei sintomi” (1). Secondo tale metodo, deve essere massaggiato prima il seno carotideo di destra poi quello di sinistra in posizione sia supina che eretta, sotto continuo monitoraggio della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. Il MSC eseguito con tale metodo presenta una alta specificità essendo positivo soltanto nel 5% dei soggetti senza storia di sincopi (1). Al contrario, la sola induzione di una asistolia in assenza di PTC ha scarso valore diagnostico rappresentando un riscontro frequente in soggetti anziani e/o con cardiopatia senza storia di sincopi (1). La prevalenza della SSC aumenta col progredire dell’età e nella quasi totalità dei casi interessa soggetti anziani; ciò suggerisce che processi degenerativi giochino un ruolo fisiopatologico nella comparsa del riflesso abnorme. Il MSC è un test altamente operatore-dipendente e ciò rappresenta un grosso limite in quanto la compressione manuale eseguita da diversi operatori può comportare risultati diversi. La classificazione della risposta al MSC in cardioinibitoria, vasodepressiva e mista è ampiamente accettata e riportata nelle linee guida internazionali (1). La diagnosi di tali forme può essere posta solo ripetendo il MSC dopo somministrazione endovenosa di atropina. La SSC non sembra condizionare la durata della sopravvivenza (1).

Le recidive di SSC nei pazienti non trattati con impianto di pacemaker sono state poco indagate, tuttavia i pochi dati disponibili suggeriscono che circa la metà dei pazienti non accusa recidive durante un periodo di osservazione di 3-5 anni (1). L’efficacia del pacemaker nella SSC è stata indagata in alcuni studi piuttosto piccoli ed i risultati suggeriscono un beneficio della stimolazione DDD nei pazienti con componente cardioinibitoria o mista. In una revisione di 12 studi che includeva 601 pazienti trattati con impianto di pacemaker e 305 pazienti non elettrostimolati, recidive sincopali durante il follow-up sono state osservate nello 0-20% dei pazienti trattati e nel 20-60% di quelli non trattati (1). In una metanalisi di 3 studi controllati, recidive sincopali sono state osservate nel 9% dei pazienti elettrostimolati e nel 38% di quelli non trattati (RR 0.24, IC 0.12-0.48) (1).

Poiché recidive sincopali sono state osservate entro 5 anni fino al 20% dei pazienti trattati con pacemaker, sono stati indagati i predittori di tali recidive nei pazienti elettrostimolati. La presenza di una componente vasodepressiva documentata sia durante MSC (forma mista) che da una positività al tilt test aumentava il rischio di recidiva sincopale (2,3). In uno studio del gruppo di Brignole (2) nel quale il MSC veniva eseguito col “metodo dei sintomi”, la sincope recidivava nel 12% dei pazienti con sola componente cardioinibitoria e nel 58% di quelli con forma mista (p=0.04). Lopes ha riportato che una risposta di tipo misto al MSC rappresenta un predittore indipendente di recidiva sincopale (3). In un altro studio è emerso che i pazienti con SSC e risposta positiva al tilt test presentavano una incidenza di recidive circa 3 volte più alta: 21% nei pazienti con tilt test positivo e 9% in quelli con negatività di tale test (1). Al momento la correlazione fra la risposta vasodepressiva indotta dal MSC e dal tilt test non è stata indagata.

In un recente studio della Rivasi et al (4) sono stati individuati altri due predittori di recidiva sincopale in pazienti con SSC sottoposti ad impianto di pacemaker. Gli autori hanno condotto un’indagine retrospettiva su una popolazione di 3127 soggetti sottoposti a MSC col “metodo dei sintomi” per sospetta sincope riflessa. Una SSC è stata diagnosticata in 261 pazienti (8.3%) ed un pacemaker è stato impiantato in 158 (follow-up disponibile in 112). 19 pazienti (17%) hanno accusato 73 recidive sincopali durante un follow-up medio di 89 mesi, con un’incidenza di 0.5 episodi per paziente/anno. I sintomi prodromici ed i fattori predisponenti (ambiente molto caldo o affollato, dolore, prolungato ortostatismo, defecazione, post-esercizio) erano più frequenti nei pazienti che hanno accusato recidive sincopali ed all’analisi multivariata queste variabili emergevano come predittori indipendenti di recidiva sincopale dopo impianto di pacemaker (OR 5.10, IC 1.12-23.29, p=0.04 e 3.76, IC 1.07-13.6, p=0.04). Questi risultati suggeriscono che i sintomi prodromici ed i fattori predisponenti sottendono una suscettibilità ipotensiva. Va tuttavia segnalato che i pazienti con prodromi o fattori predisponenti ed un MSC positivo appaiono affetti da “sincope neuromediata complessa” (5) che involve multipli recettori e percorsi riflessi e verosimilmente differenti eziologie.

Alla luce di queste conoscenze quali pazienti affetti da SSC dovrebbero essere sottoposti ad impianto di pacemaker? Nelle linee guida europee sulla gestione del paziente con sincope (1) l’indicazione al pacing è di classe IIa, il che significa che la scelta deve essere fatta caso per caso valutando il contesto clinico. Considerando che 1) la SSC non sembra condizionare la durata della sopravvivenza, che 2) circa il 50% dei pazienti non elettrostimolati non accusa recidive sincopali durante un follow-up di 3-5 anni e che 3) dopo impianto di pacemaker, pur essendo quest’ultimo efficace, sono state riportate recidive in una percentuale di pazienti fino al 20%, il pacing appare indicato in pazienti con SCC di tipo cardioinibitorio o misto con quadro clinico severo: frequenti episodi sincopali e/o una qualità di vita fortemente compromessa da tali episodi o sincopi complicate da trauma. Quando il quadro clinico è meno severo, i fattori che non favoriscono l’impianto di pacemaker sono una risposta di tipo misto al MSC e/o una positività al tilt test, la presenza di sintomi prodromici o di fattori predisponenti per l’aumentata probabilità di recidive sincopali dovute ad una concomitante risposta ipotensiva. Questi pazienti dovrebbero ricevere gli adeguati consigli relativi alla prevenzione dei fattori predisponenti, al precoce riconoscimento dei prodromi ed alla esecuzione delle manovre di contropressione.

Inoltre nei pazienti tendenzialmente ipotesi dovrebbe essere considerata la somministrazione di midodrina e in quelli con ipertensione arteriosa la sospensione/riduzione dei farmaci antipertensivi. I pazienti con SSC che accusano recidive dopo impianto di pacemaker dovrebbero ricevere gli stessi consigli e lo stesso trattamento. Fino ad ora il trattamento della SSC è stata sinonimo di “cardiac pacing”; alla luce delle nuove conoscenze ci stiamo muovendo verso una terapia più differenziata e più personalizzata.