Effetto dei betabloccanti nei pazienti di età ≥ 80 anni con scompenso cardiaco e disfunzione ventricolare sinistra

Chukwuma Okoye, Specialista in Geriatria, UO Geriatria Universitaria - Università di Pisa

03 Dicembre 2019

L’utilizzo “lifelong” dei betabloccanti (bb), da oltre 30 anni pietra miliare nel trattamento farmacologico del paziente affetto da scompenso cardiaco, è stato recentemente messo discussione in alcuni lavori scientifici [1]. L’allungamento della vita media, lo studio estensivo di forme di scompenso cardiaco poco responsive al trattamento canonico con b.b (es. HFpEF [2]), e soprattutto l’esclusione delle fasce estreme di età negli studi randomizzati, ha posto l’interrogativo nella comunità scientifica internazionale se questi farmaci possano essere realmente efficaci nel trattamento dei pazienti oldest old (≥ 80 anni).

Ad oggi, l’unico studio controllato sull’utilizzo dei bb nel paziente anziano è il “SENIORS”, nel quale 2182 pazienti ultrasettantenni sono stati randomizzati a nebivololo versus placebo [3]. In tale studio è emerso che i bb mantengono la loro efficacia e tollerabilità anche nell’anziano; tuttavia i pazienti arruolati erano per la maggior parte di età compresa fra 70 e 80 anni. E’ emersa inoltre una diminuzione dell’effetto protettivo del nebivololo nei pazienti di età > 80 anni.

E’ stato pubblicato molto recentemente, al momento online, uno studio retrospettivo di Stolfo et al [4] sullo European Journal of Heart Failure, nel quale sono stati utilizzati i dati forniti dal registro del sistema sanitario svedese, uno dei migliori al mondo per casistica ed accuratezza. In tale studio è stata indagata l’efficacia dei bb nei pazienti di età ≥ 80 anni con scompenso cardiaco e disfunzione ventricolare sinistra (FE ≤ 40%) durante un prolungato periodo di follow-up. E’ stato utilizzato un gruppo di controllo con le stesse caratteristiche cliniche, non in terapia con bb. Gli endpoint primari erano la mortalità totale a 5 anni ed un endpoint composito (mortalità cardiovascolare [CV] e ospedalizzazione per scompenso cardiaco). Gli endpoint secondari erano la mortalità CV a 5 anni, la prima ospedalizzazione per scompenso cardiaco ed il ricovero per sincope. Al fine di ottenere due gruppi confrontabili (trattati e non trattati con bb), è stata utilizzata l’analisi del ”propensity score” (866 vs 866 pazienti).

I risultati dello studio hanno mostrato una riduzione significativa della mortalità totale nei pazienti trattati vs i controlli sia nella totalità dei pazienti (overall) che all’analisi del “propensity score” (hazard ratio [HR] 0.89 [95%IC: 0.82-0.97] e 0.89 [95%IC: 0.79-0.99], rispettivamente). Relativamente agli endpoint secondari, i pazienti ultraottantenni in trattamento con bb hanno mostrato un’ incidenza significativamente più bassa di mortalità CV: HR 0.86 (95%IC: 0.75-0.97). Al contrario, non è stata riscontrata una riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. E’ stata inoltre valutata l’appropriatezza del dosaggio dei bb nei pazienti ultraottantenni, confermando come solo il 19% abbia raggiunto la dose ottimale e quasi il 50% assumeva soltanto la metà del dosaggio ottimale. Ciò appare attribuibile al timore degli specialisti e dei medici di base di indurre bradiaritmie e sincopi ricorrenti; tuttavia all’analisi di “safety” non è emersa una differenza statisticamente significativa dei ricoveri per sincope fra i due gruppi (rispettivamente 1,7 vs 1,2 per 100 persone/anno).

E’ stata inoltre confrontata l’efficacia dei bb nei pazienti di età ≥ 80 anni ed in quelli più giovani ed è emerso un effetto maggiore in questi ultimi in termini di overall survival, di mortalità CV e di ospedalizzazioni. Lo studio, avendo un disegno retrospettivo, non è esente da limitazioni. Non è stato possibile controllare sistematicamente l’aderenza alla terapia e non è noto se alcuni pazienti abbiano interrotto autonomamente l’assunzione del farmaco in modo temporaneo o definitivo. Non sono stati inoltre possibili aggiustamenti per il BNP ed il BMI in mancanza di tali dati nel registro. Tuttavia, lo studio presenta una certa solidità da un punto di vista metodologico.

In conclusione, i bb appaiono efficaci nei pazienti di età ≥ 80 anni con scompenso cardiaco e disfunzione ventricolare sinistra in termini di riduzione della mortalità, seppure in maniera meno pronunciata rispetto a quelli più giovani. Non sembrano invece ridurre i ricoveri per scompenso cardiaco nei pazienti più anziani.

Bibliografia

[1] Meyer M et al. Heart rate and heart failure with preserved ejection fraction. Time to slow β-blocker use? Circulation: Heart Failure 2019;12:e006213

[2] Edelmann F et al. Tolerability and feasibility of beta-blocker titration in HFpEF versus HFrEF: insights from the CIBIS-ELD trial. JACC: Heart Failure 2016;4:140-9

[3] Marcus D et al. Randomized trial to determine the effect of nebivolol on mortality and cardiovascular hospital admission in elderly patients with heart failure (SENIORS). Eur Heart J 2005;26:215-25

[4] Stolfo D et al. Association between beta-blocker use and mortality/morbidity in older patients with heart failure with reduced ejection fraction A propensity score-matched analysis from the Swedish Heart Failure Registry. Eur J Heart Fail 2019; doi:10.1002/ejhf.1615